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Cattura Paradigma Inusuale_edited_edited

Partendo dal presupposto che ogni struttura psichica si sviluppi naturalmente in maniera funzionale alla crescita della persona e che all’interno dell’individuo non sussistano strutture deputate a causare malessere, il paradigma inusuale si propone di fornire una possibile interpretazione del disagio psichico in termini di blocco: ciò che Jung riteneva fosse determinato da un blocco su un determinato archetipo viene quindi ad assumere una connotazione simile al sintomo, sintomo la cui origine non è oggi più riscontrabile solo all’interno del sistema familiare, bensì è individuabile nella relazione tra individuo e ambiente sociale, come afferma Galimberti. All’interno del suo sistema sociale, infatti, l’individuo svolge il doppio ruolo di osservatore ed osservato: nel momento in cui è osservato dall’altro, dagli altri, dall’ambiente, corre il rischio di essere invaso dal mondo esterno nel momento in cui questo diventa, appunto, invasivo. L’invasione attuata dal mondo esterno ricorda l’invasione di elementi β di eco bioniana, elementi indigeribili, non metabolizzabili dalla funzione α, ovvero dalla funzione pensiero.

Il ruolo di osservato, come ricorda Leibniz, non rappresenta il sé a sé stante, ma un sé condiviso, che assume le caratteristiche del personaggio: il personaggio ha un ruolo specifico, con caratteristiche specifiche in risposta alle necessità dell’ambiente esterno, e attraverso la costruzione del personaggio la sintomatologia assurge a costruzione identitaria. Finché il personaggio è in grado di rispondere alle esigenze del sé, e finché le esigenze del sé sono consonanti alle richieste che l’ambiente pone al personaggio, l’individuo mantiene un senso di adeguatezza, pur rinunciando alla propria totipotenza in favore della limitazione propria del personaggio, che non essendo il sé non è totipotente.

Il disagio emerge nel momento in cui il personaggio assume un potere maggiore rispetto alla persona stessa.

Il personaggio dispone di due cristallizzazioni emotive possibili, ovvero rabbia e paura. Se l’oscillazione tra queste due forme di cristallizzazione rimane dinamica, mantiene anche la sua funzionalità. Il disagio si origina da un blocco su una delle due dimensioni: la rabbia, legata alla funzione pensiero, o la paura, legata alla funzione emozione. Quando il blocco è sull’asse paura/emozione, si originano disturbi legati alla funzione pensiero (ad esempio il disturbo ossessivo-compulsivo); quando il blocco è sull’asse rabbia/pensiero, si originano invece disturbi legati alla paura (ad esempio disturbi ansiosi).

Il blocco conduce quindi alla ripetizione continua della medesima rappresentazione, con il fine ultimo di evitare la depressione; la depressione si manifesta nel momento in cui la funzione difensiva svolta dal personaggio viene meno, oppure qualora il personaggio stesso sia costruito su una dinamica difensiva – in quest’ultimo caso, la depressione diventa manifestazione dinamica della paura.

In fisica prima e in meccanica quantistica poi si fa riferimento alla doppia natura dell’elettrone individuata da Planck, ovvero natura materica e natura ondulatoria: un elettrone può essere onda o materia a seconda di come lo si percepisce; questo significa che un elettrone in quanto materia non è soggetto a modificazioni e risulta “bloccato”, mentre nel momento in cui non è bloccato durante l’osservazione si manifesta come vibrazione. Se partiamo dal presupposto che non vi sia differenza di tra micro e macro, tra macro e micro, è naturale conseguenza giungere alla conclusione che, nel momento in cui le scienze psicologiche giungono ad una categorizzazione, determinano anche un blocco in una visione statica che impedisce il cambiamento, la modificazione. Se lo scopo è il cambiamento, la crescita dell’individuo, il ruolo del terapeuta viene necessariamente ad assumere caratteristiche diverse: lo scopo del terapeuta è di aumentare la complessità, attivando la funzione schizofrenica (oscillazione schizo-paranoide nell’accezione bioninana) capace di spingere la persona ad osservare le diverse componenti di sé, a modificare quel personaggio che, nella sua attuale dinamica spazio-temporale, non risulta (o non risulta più) adeguato al suo benessere psichico.

Fondamentale per perseguire questo obiettivo di cambiamento è la relazione terapeutica, che deve essere in grado di liberare la persona dall’aspetto materico, superando quindi le caratteristiche di continuità, costanza e coerenza proprie del personaggio creato.

All’interno della relazione terapeutica, anche il terapeuta è chiamato a costruire diversi personaggi, un personaggio diverso per ogni paziente che sia in grado di risuonare con le caratteristiche del paziente stesso.

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